Sez. Casalpusterlengo – E così ci ha lasciato anche Mario [Grosso]

Mario Grosso 1932-2023

Se l’età forse c’era (ma non c’è davvero mai un tempo giusto per la scomparsa), tuttavia questo non consola, perché il rimpianto è davvero grande. Per tanti motivi, tutti molto robusti, che spiegano il nostro attaccamento a Mario.

Del resto, sono il suo carattere, la sua serietà rigorosa, la sua disponibilità sociale che ce lo fanno rimpiangere e ce lo faranno ricordare.

Alcune sue caratteristiche sembravano insite nelle sue origini, almeno come ce le immaginiamo noi lombardi. Mario era infatti un piemontese e questo dice molto. Un piemontese di caratura particolare: era nato e cresciuto a mezza costa tra pianura e collina, a Gavi. Dunque in un contesto che accentuava, per motivi di sopravvivenza, le asprezze caratteriali.

Imparò presto che la vita non è una tranquilla passeggiata, ma un conflitto sociale continuo, un affrontamento tra ceti e classi. E infatti divenne comunista. Giovane fabbro comunista. Si era nel secondo dopoguerra, in mezzo a lotte sociali intensissime. E questa fu la sua scuola, a compensazione di quella che lui e tanti come lui non avevano avuto la possibilità di frequentare. Subito al lavoro.

Ecco perché diventò comunista. Ma non era un comunista da tessera e basta. Si faceva domande, voleva imparare. Ancora in tarda età parlava di Amadeo Bordiga e della nascita del PCd’I, con cognizione di causa… quanti ce n’erano allora (e anche oggi, se per questo), che sanno chi fu Amadeo Bordiga?

Poi la sua vita militante fu dominata, come quella di tanti altri, potremmo dire tutti, dall’organizzazione dell’attività di partito: il tesseramento, le feste dell’Unità. Nelle quali divenne un cardine, attorno a cui ruotava un aspetto fondamentale, la gestione del magazzino. Sembrerà oggi un’attività impolitica e noiosa. Ma si trattava di tenere sotto controllo un aspetto decisivo della riuscita della fatica di decine e decine di militanti, nonostante l’andamento generalmente caotico, per la quantità di partecipanti e per il fatto che coloro che lavoravano erano volontari e digiuni, almeno nelle prime prove, di gestione di un apparato tutt’altro che semplice. Mario assolveva questo compito con un rigore assoluto. Tanto da essersi fatto la fama di cerbero. Molti temevano di chiedergli rifornimenti per necessità improvvise, paventando rimbrotti. Non era un cerbero: il suo era l’unico modo per far funzionare l’intera baracca della festa. Mario fu davvero fondamentale. E inflessibile.

Non solo di conti si intendeva. Da operaio professionale, cioè che conosceva a fondo il lavoro manuale: precisione e costanza come requisiti fondamentali, era un formidabile manutentore. Di cui beneficiarono diversi e in diverse situazioni. Per anni seguì in Centro anziani, intervenendo dentro i problemi e non dopo che questi erano esplosi.

La sua disponibilità seguiva non solo criteri per così dire politici e per situazioni collettive. Mario si adoperava per bisogni per i quali qualcuno in difficoltà gli chiedeva un intervento. Interpretava fino in fondo il detto: il tuo bisogno è una mia preoccupazione e mi darò da fare per darti una mano. Che è una prerogativa delle persone che credono in una socialità collettiva. Certo non era l’unico, ma non ce n’erano molti come lui e a noi è sempre sembrato esemplare.

Va bene. Ma per l’ANPI?

È stato un pilastro e ha garantito, assieme a suoi altri sodali (vogliamo ricordare almeno Rosetta e Aldo) la normale attività dell’associazione. E c’era del metodo nella sua attività nell’ANPI. Si occupava di tesseramento e gestione economica, con altri ovviamente. Spesso comunicava con dei bigliettini, che noi giovani (si fa per dire…) poco rispettosamente chiamavamo “pizzini”, a cui peraltro attribuivamo un’autorità incontrastabile.

Aveva alcuni principi intoccabili, oltre le posizioni ideologiche.

Il più irrinunciabile: un governo di sinistra non fa la guerra. Si riferiva all’aggressione alla Jugoslavia nel 1999. E su questa convinzione, lasciò il partito a cui aveva dato tanti anni della sua vita.

Avesse potuto vedere gli ultimi sviluppi guerrafondai di queste settimane e mesi e anni nel mondo, ne avrebbe provato un enorme dispiacere.

La sua fede comunista era nutrita da una grande umanità. Posava su esperienze di vita dure e a volte durissime. La guerra la vide e ne ebbe orrore. Di qui è forse nata la sua avversione irriducibile.

Non c’era semplificazione o manicheismo nelle sue posizioni, poiché cercava sempre di essere documentato, di leggere, di imparare. In questo con la moglie Irma, convinti tutti e due che per capire il presente bisogna allargare lo sguardo all’indietro nella storia e per il largo di tutto il mondo. Del resto questo era in consonanza con la sua precisione. In una intervista rilasciata una decina di anni fa e non più rintracciabile aveva raccontato la sua vita soprattutto nella prima parte piemontese. E lì si vedeva che Mario era proprio un uomo del suo secolo, di quel secolo terribile che ci ha dato due feroci guerre mondiali, ma anche tante speranze di emancipazione e progresso sociale. A differenza di questo secolo che sembra già precocemente annegare nel sangue di continui conflitti che trovano scarsa opposizione per il disincanto delle popolazioni.

Mario cercava sempre invece la partecipazione e il ragionamento. Lo si dice sempre di tutti coloro che scompaiono: ci mancheranno.

Mario ci mancherà. Lo salutiamo, con un abbraccio alla moglie Irma. E con la certezza che ci ha lasciati un uomo di valore. E dunque il lutto è generale.

Ciao Angela [Fasoli, Presidente ANPI Casalpusterlengo]

Casalpusterlengo, 6 novembre 2023