
In ogni consesso umano, vi sono diverse tipologie di persone. Quasi tutti siamo convinti che le persone decisive sono quelle che più hanno responsabilità di decidere, che occupano posti di direzione.
Quasi sempre è così. Ma non sempre. Talvolta, anzi molto spesso le organizzazioni vivono e sopravvivono, perché vi sono al loro interno persone che credono fortemente nelle finalità del gruppo organizzato e a questo gruppo o organizzazione si dedicano con assoluta fedeltà.
Senza costoro, le organizzazioni umane tendono a disfarsi sotto le spinte divergenti delle ambizioni personali, dei tentativi di prendere il potere o chissà per che altro.
Anche le libere associazioni sottostanno a questa regola.
Battista Benzoni era un uomo che rispondeva alla prima categoria. Una volta entrato nell’ANPI, averne compreso e condiviso finalità e valori, si applicò al bene dell’organizzazione sempre e in ogni modo.
Chi l’ha conosciuto, lo sa bene. Battista è stato sempre presente a tutte le manifestazioni della sua sezione di Lodi e a tutte le ricorrenze sul territorio.
I lodigiani lo hanno trovato sempre in sede al suo posto, per garantire che l’ANPI a Lodi c’era anche oltre le ricorrenze canoniche.
Nessuno di noi l’ha mai sentito pretendere per sé un ruolo, un riconoscimento, una ricompensa. Non voleva rimborsi, né si sottraeva agli impegni cercando sostituzioni.
Come tutti i rigorosi, non era accomodante, beninteso nell’interesse dell’ANPI. Era della stessa categoria di Mario Grosso, di Fermo Ferrari e dei tanti militanti che nei decenni scorsi sono stati la robusta intelaiatura di ANPI e partito.
Di mestiere era operaio, ma operaio dell’aristocrazia operaia. Saldatore provetto, poté cambiare molti posti di lavoro rivendicando la sua eccellente professionalità. Siccome ha navigato nel tempestoso mare delle aziende lodigiane degli anni sessanta settanta e ottanta, quando le crisi erano frequenti e quasi mai indolori, se l’è sempre cavata per la partecipazione alle lotte sindacali e soprattutto per la sua alta conoscenza del mestiere.
È arrivato alla pensione alcuni decenni fa. E da allora l’ANPI è stato il suo amore dominante, a cui ha dato molto.
Gli volevamo bene. Gli abbiamo voluto molto bene. Non solo per solidarietà d’organizzazione, perché tra compagni c’è quasi sempre un sentimento solidale e cameratesco.
No, gli volevamo proprio bene nel senso di affetto.
Parlava poco e aveva opinioni nette, non amava perdere tempo in chiacchiere. E a noi stava bene così. Certo, a volte si è stati tentati di fargli fare supplenze che magari non gli toccavano. Ma Battista non si tirava indietro. Nella sua gerarchia mentale, l’ANPI aveva sempre e comunque il primo posto.
Ovunque sia, siamo certi che non ha cambiato amore.
Ciao Battista
Lodi, 26 aprile 2024