Attentato a Paolo Baciocchi

10 luglio 1944

Il 10 luglio verso le ore 20 – una chiara sera d’estate, era in vigore l’ora legale – Paolo Baciocchi, triumviro lodigiano, squadrista della prima ora e commissario prefettizio di Sant’Angelo Lodigiano (dove il 1 luglio nel corso di un imponente rastrellamento rimasero uccisi i coniugi Semenza), dopo aver conversato con Giuseppe Ghisalberti e Gino Sequi in piazza della Vittoria, si congedò da loro. Proseguì da solo in via Marsala per rincasare in via Garibaldi. Davanti alla porta di casa un “individuo vestito in tuta blu, con cappello nero molto abbassato davanti, dall’apparente età di 35-40 anni” con una bicicletta in mano, gli si accostò e, chiamatolo per nome, gli sparò due pallottole al fianco destro. Baciocchi crollò a terra, riuscì ad estrarre la rivoltella, ma non fu in grado di servirsene contro l’attentatore che già si allontanava in bicicletta e svoltò, davanti la chiesa di San Lorenzo, in via Ottone Morena. Le persone che si affacciarono all’udire i colpi videro pure dileguarsi per via Marsala due ciclisti che avevano sostato all’incrocio per “coprire” la fuga dell’attentatore.

Il commissario Sequi, accorso tra i primi e informatosi sommariamente, si avviò con la bicicletta di un passante verso corso Regina Margherita (oggi corso Archinti), dove poté salire su un motofurgoncino della GNR insieme al vigile urbano Antonio Pizzamiglio. Puntarono su Montanaso, imboccando poi la via in direzione dell’Adda. Nel bosco si addentrarono a piedi seguendo piste diverse. Sequi si imbattè in due giovanotti, vestiti da operai, che montavano su un’unica bicicletta. Li fermò per assumere informazioni, ma quelli improvvisamente estrassero le armi: balzando di lato, Sequi fu colpito al braccio sinistro e impugnata la rivoltella sparò a sua volta ai due in fuga.

Quella medesima sera Oreste Garati (il “Falco Rosso”) si presentava al suo comandante “Nemo” (Edgardo Alboni) e gli rendeva rapporto che “in un’azione di guerra condotta direttamente da lui, e con la partecipazione dei suoi uomini, era stato colpito lo squadrista Paolo Baciocchi“.

Due giorni dopo Paolo Baciocchi veniva sottoposto ad un intervento chirurgico: si constatava la gravità della leione renale e midollare. Riportato nella propria abitazione vi decedeva il 15 luglio.

Tratto da il libro “Dal carcere chiamando primavera” di Ercole Ongaro