Alboni Edgardo (Nemo)

Nato a Montanaso Lombardo il giorno 11 settembre 1919, Edgardo Alboni era figlio di Angelo Alboni (operaio e sindaco socialista di Montanaso dal 1920 al 1924) e Margherita Lunati.

I testi seguenti sono tratti dall’autobiografia “Una vita tra sogni e realtà“, a cura di Ercole Ongaro, Quaderno Ilsreco n. 15, Lodi 2005.

Il servizio militare e la guerra

Al corso allievi ufficiali

“Io risolsi finalmente il problema dell’occupazione con la mia ammissione, il 28 febbraio 1941, al corso allievi ufficiali di Salerno e col successivo trasferimento a Spoleto per espletare il servizio di nomina come sottotenente di complemento. Trattenuto in servizio il 15 aprile 1942 quale richiamato e trasferito a Frosinone il 16 maggio 1942 per far parte del 454° battaglione territoriale mobile, il 9 luglio 1942 salii su una tradotta con destinazione Russia, dove giunsi il 19 luglio 1942.”

A Woroscilovgrad

“Turiddu, un siciliano di Polizzi Generosa (Palermo), padre di cinque figli […] si era dedicato con tenacia alla realizzazione del suo obiettivo: […] fare l’attendente di un ufficiale. E ci riuscì ottenendo di essere nominato al mio servizio. In Russia fu un collaboratore prezioso e insieme amico fedele e affettuoso. Turiddu mi fu vicino con l’attaccamento di un fratello. Quando per vie e con mezzi diversi ci ritrovammo a Dniepropetrowsk dopo la disastrosa ritirata, ebbi la sorpresa di rivedere il mio bagaglio personale che Turiddu era riuscito, non ho mai saputo come, a salvare dalla furia degli eventi.”

La ritirata

“Poco prima delle 15,00 del 22 gennaio 1943 […], salivo con i miei soldati su un automezzo che, allontanandosi velocemente dal luogo di una possibile tragedia, lasciava alle nostre spalle le illusioni del felice epilogo di una guerra «facile». […] Lunghe colonne di soldati russi, fatti prigionieri, e di deportati civili, guardati a vista da soldati della Wermacht, sfilavano ininterrottamente per ore sul terrapieno della strada, diretta a sud, che passava a un centinaio di metri dal mio magazzino.
I tedeschi avevano fretta. La marcia forzata imposta a migliaia di poveri disgraziati mal nutriti, mal vestiti, irrigiditi dal freddo, causava rallentamenti e code che i guardiani della Wermacht cercavano di risolvere in modo spiccio: sparando alla nuca di malcapitati in condizioni fisiche pietose […].
L’alba dell’11 febbraio ci svegliò di soprassalto con il crepitio all’intorno di mitragliatrici dei carri armati di un’avanguardia corazzata russa che si era posta l’obiettivo di accerchiarci e catturarci. Trovammo un varco nello schieramento dei blindati e quello fu la nostra salvezza […]. Così il 10 marzo 1943, su una tradotta in cui soldati, ufficiali e… pidocchi erano tutt’uno […], ci avviarono al rientro in patria. Il viaggio non durò più di 24 ore. Nel pomeriggio dell’11 marzo scendemmo a Udine.”

1943-1945 la Resistenza contro il nazifascismo

L’8 settembre 1943, inizio della lotta armata contro i nazifascisti

“La mia buona stella […], mi fu amica anche nel momento in cui ritenni di spendermi per gli ideali che mi avevano affascinato nel 1941 [Eligio Biagioni gli aveva dato da leggere un libricino, era: “Il manifesto del Partito Comunista” di Marx ed Engels] e che la guerra aveva sopito ma non spento. Gli ideali di una società profondamente diversa, fatta di uomini liberi e uguali, lontana dallo sfruttamento dell’uomo e delle nazioni, promotrice di rapporti di collaborazione e di amicizia
con tutti i popoli, fautrice della pace come condizione di sviluppo della civiltà, della cultura e del progresso sociale. […] Trabattoni […] mi offriva il mandato di responsabile militare della brigata in formazione con compiti di reclutamento, di inquadramento e di azione patriottica. […] La mia casa […], divenne, all’insaputa dei miei familiari […] una specie di quartier generale della costituenda formazione partigiana. […] la quale all’inizio della primavera del 1944 venne classificata dal Comando militare di Milano delle brigate Garibaldi come la 174ª brigata SAP […]. Le conoscenze personali erano pertanto ridotte all’indispensabile e anagraficamente nascoste da uno pseudonimo di battaglia. Io, ad esempio, ero il tenente “Nemo”, ispirandomi alla mitologia.”

Insurrezione nazionale, finalmente liberi

“La data di inizio dell’insurrezione popolare è storicamente indicata nel 25 aprile 1945. Da noi il proclama insurrezionale del CLN Alta Italia prese corpo il giorno dopo con l’occupazione del Distretto da parte del Comando di piazza e l’assunzione del CLN delle responsabilità di direzione politico-amministrativa della cittadinanza. Per ragioni operative la sede della mia brigata venne distaccata presso il liceo classico “P. Verri”, in via San Francesco, da dove partivano gruppi armati con il compito di molestare e frenare la ritirata delle colonne tedesche, ma dove affluivano numerosi cittadini che chiedevano di essere armati per partecipare alle operazioni militari. La popolazione svegliatasi come da un incubo, si era rovesciata tumultuosamente nelle vie e nella piazza centrale per urlare la sua gioia.”

Amministratore comunale e redattore de “La voce dell’Adda” (1946-1949)

Il CLN dopo la Liberazione nomina la nuova Giunta

“Il CLN con poteri propri di governo cittadino, deliberò all’unanimità dei Partiti rappresentati (DC-PCI-PSIUP-PLI-PRI-Pd’A) la costituzione di una Giunta comunale [che doveva essere ratificata dal commissario alleato magg. Breese e dal Prefetto di Milano Riccardo Lombardi] con il compito del governo amministrativo della città: essa stessa espressione unitaria delle forze politiche che avevano dato consistenza alla resistenza antifascista e antitedesca. Il rag. Mario Agnelli, vice direttore della Banca Popolare Agricola di Lodi, ebbe la carica di sindaco. Io e l’avv. Brusoni gli incarichi di Vice sindaco, di assessore alla Pubblica istruzione e agli Alloggi. Altri componenti della Giunta furono Bondioli, Piacentini, Marcarini, Ferrari, Bastia e Monico.”

Il CLN dopo la Liberazione nomina la nuova Giunta

“Il fatto si consumò all’inizio dell’estate 1945 con la nomina del comunista Celestino Trabattoni a sindaco e di nuovi componenti della Giunta in rappresentanza dei partiti del CLN.”

Nel 1946 le prime elezioni libere

A Lodi le prime elezioni libere si tennero il 24 marzo 1946. Per la prima volta si votava a suffragio universale. Il 1° febbraio 1945 venne emanato il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Tra i 40 candidati del Partito Comunista Italiano vi erano quattro donne, di cui solo una fu eletta in Consiglio Comunale.

Il Partito Comunista Italiano

Riorganizzazione del PCI

“I comunisti avevano occupato fin dai primi giorni dell’insurrezione la sede del fascio in corso Umberto. Essa si era trasformata subito in punto di riferimento per un’incessante processione di cittadini che chiedevano non tanto l’iscrizione al partito, quanto interventi assistenziali o di tutela dal pericolo di soprusi e vendette personali. Celestino Trabattoni, segretario del partito nella clandestinità, ebbe l’incarico di segretario responsabile della costituita sezione. Pietro Ferrari continuò a rappresentare i comunisti nel CLN, affiancato successivamente da Paolo Renko, dirigente ricercatore presso l’Istituto caseario e di praticoltura. A me, oltre all’incarico di vice sindaco e di assessore alla Pubblica istruzione, fu assegnata la responsabilità della stampa e propaganda, con particolare riguardo al compito della ripresa di pubblicazione de “La Voce dell’Adda” e della sua direzione”.

Segretario comunista lodigiano

“Nel periodo che corre tra il 25 aprile 1945 e il marzo 1946, data della prima consultazione democratica per l’elezione degli organi istituzionali amministrativi, il gruppo dirigente del PCI si impegnò prevalentemente a organizzare il partito nelle fabbriche e nelle campagne, costituendovi gruppi di base: le cellule. Alla direzione della sezione si alternarono rapidamente Trabattoni, Leoni, Pino Locatelli e il sottoscritto [Edgardo Alboni]. Divenni segretario comunista appena dopo la crisi della Giunta Agnelli e l’assegnazione a Trabattoni della carica di sindaco. La mia fu un’esperienza a tempo pieno, che mi permise di continuare nella redazione del settimanale “La Voce dell’Adda” e di intensificare il lavoro di potenziamento del suo assetto organizzativo di base. Severino Biancardi, Natale Borzio, Torresini e Secondo Dordoni, insieme a Federico Bosio, Pietro Moroni, Ermes Andreoli, Margherita Minoietti, Bruno Tirelli, Albiri, Guerci e Bersani e altri furono i primi segretari delle cellule di fabbrica, così come Pria, Lualdi, Garbelli, Angelo Rossetti, Elia Joli, Rana, Giuseppe e Pietro Verdelli, le Ida e Tilde Borelli; Ferruccio Dordoni, Cesare Boni, Gariboldi e Misani furono i primi dirigenti delle cellule di quartiere. Questo schema organizzativo dei comunisti obbediva a regole generali e si manifestava come strumento importante di mobilitazione politica e di lotta quando lo richiedevano le necessità politiche generali e locali”.

In Parlamento nella IV e V legislatura

L’elezione a deputato

“Il voto era stato fissato per le giornate del 28-29 aprile 1963. Agli inizi del mese di marzo fui convocato in Federazione a Milano da Armando Cossutta nella veste di segretario provinciale del partito. Dopo una breve introduzione, nella quale espresse la volontà di dare corso coerente alle indicazioni scaturite dal congresso nazionale, mediante il rinnovo del personale dirigente di partito e delle sue rappresentanze parlamentari, Cossutta mi chiese di accogliere la mia candidatura a deputato nel collegio Milano-Pavia. La proposta rientrava nel piano di valorizzazione delle zone periferiche del partito, nelle quali il prestigio e l’influenza comunista erano considerevolmente cresciuti insieme alla maturazione di un gruppo dirigente giovane e preparato. La proposta era di quelle che lasciano senza fiato per l’enorme impatto che essa scatenava nella vita privata e pubblica di un uomo, impegnato, sì, nella battaglia politica ma nei limiti di una militanza volontaria e circoscritta. Balbettai che forse non era il caso, perché stavo ancora cercando di dare il meglio di me in Consiglio provinciale e che, per accedere al Parlamento, occorreva una ben più grande esperienza. Cossutta troncò le mie esitazioni sul nascere, con quel suo sorriso che non si sapeva mai se fosse burbero o condiscendente, aggiunse: Sono certo che farai bene anche a Roma. Buon lavoro!”
Edgardo Alboni fu eletto. “Il 16 maggio 1963 aveva inizio la mia grande avventura di deputato della Repubblica italiana”.


IV legislatura della Repubblica Italiana

La IV Legislatura della Repubblica Italiana rimase in carica dal 16 maggio 1963 al 4 giugno 1968.
Fu la prima Legislatura che vide il numero dei deputati fissato a 630 e dei senatori a 315, per effetto della Legge costituzionale 2/1963. Dopo le elezioni del 1963, che segnarono un leggero calo della DC a vantaggio del PLI, passato all’opposizione, cominciò un governo di centro-sinistra guidato da Moro, con l’apertura verso il PSI. Vennero istituite le Regioni e venne approvata la legge n. 604/1966, che limitava i licenziamenti alla sola giusta causa.

Sindaco della città di Lodi 1975 – 1980

Le elezioni amministrative del 15/16 giugno 1975, portarono, dopo vari tentativi, a una Giunta di sinistra guidata da Edgardo Alboni. La Giunta era composta dai comunisti: Tarcisio Bosi, Giorgio Dossena, Dario Ferrari, Alma Gritti e dai socialisti Achille Aguzzi, Roberto Guzzelloni, Costantino Coccoli e Andrea Cancellato.
Dopo la sua elezione a Sindaco Edgardo Alboni ricevette alcune lettere. Particolarmente significativa quella inviatagli da Antonio Achille, dirigente della Spes di Roma, ex responsabile
militare della Brigata del popolo di Lodi:

“Caro Alboni, sono certo che accoglierai volentieri dall’amico – e proprio nell’anniversario della breccia di Porta Pia! – i rallegramenti per la tua elezione.
Dal punto di vista politico… è un’altra cosa; ma l’amico può sempre rallegrarsi per il successo dell’amico. Penso sempre, ideologia a parte, che sarai un buon Sindaco per Lodi, anche se avrai i miei amici all’opposizione! Lascia però che, sentimentale come sono, ti esprima la speranza che la tua Amministrazione non faccia mancare, il prossimo gennaio l’omaggio della Città a San Bassiano. Mi dirai che non è la cosa più importante, e sono d’accordo con te, ma ha la sua importanza. […] L’altro desiderio è che, ora, si possa sollecitare la pubblicazione di qualche cosa sulla Resistenza a Lodi. Tanti affettuosi auguri di buon lavoro, nell’interesse di Lodi e dei lodigiani”.

Dalla lettera di Antonio Achille

Presidente ANPI

Dal 1981 al 2011 è stato presidente della sezione ANPI “Martiri del Poligono” di Lodi. Nel 1992 costituisce il Comitato Provinciale dell’ANPI e ne assume la presidenza. E’ stato membro eletto del consiglio regionale e nazionale dell’ANPI.

Di seguito la possibilità di scaricare le schede biografiche realizzate da Gennaro Carbone e Rachele Equitani in occasione del Centenario della nascita di Edgardo Alboni.