
Archinti nacque a Lodi il 30 novembre 1878 in una famiglia della piccola borghesia. La famiglia si trasferì per alcuni anni a Milano, dove Ettore frequentò la sezione di scultura dell’Accademia di Brera e trasse ispirazione dalle opere e dalla frequentazione degli studi di Ernesto Bazzaro e Eugenio Pellini. Ritornato a Lodi, intraprese viaggi di conoscenza e di studio in diversi Paesi Europei, dalla Francia, all’Inghilterra, alla Scandinavia, alla Russia. Militante socialista, fece parte anche della Commissione esecutiva della Camera del lavoro di Lodi. Come scultore fece una grande esposizione delle sue opere nel 1911 a Lodi, in palazzo Barni. Nel 1914 vinse a Milano il Premio Tantardini nel 1914. Nel 1915 non rispose alla chiamata alle armi, giustificandosi con la sua fede nel socialismo e nella fratellanza di tutti gli uomini. Fu incarcerato, ma subì una lieve condanna, essendo stato riconosciuto che la sua scelta era ispirata da ideali. Prestò poi servizio militare, senza essere impiegato in zona di guerra: in un primo tempo fu mandato all’Asinara a curare i prigionieri austriaci ammalati di colera.
Nel dopoguerra si gettò nella militanza politica, divenendo sindaco di Lodi nel novembre 1920. Come sindaco favorì il proletariato lodigiano; fu costretto alle dimissioni nel giugno 1922. I fascisti lo aggredirono a più riprese e nel 1925 subì anche un attentato da parte di un milite della MVSN. Durante il regime fascista si appartò da ruoli pubblici e fu costantemente sorvegliato dalla questura. Si dedicò intensamente alla sua attività di scultore dalla quale traeva i mezzi di sussistenza; viveva francescanamente, aiutando spesso persone più povere di lui. Il fascismo cercò in ogni modo di isolarlo, pur non riuscendo mai a trovare nel suo comportamento motivi per imprigionarlo o mandarlo al confino.
Dopo il 25 luglio 1943 entrò a far parte del Comitato di concentrazione antifascista, in rappresentanza dei socialisti. Sotto l’occupazione tedesca soccorse soldati sbandati e aiutò la fuga di ex prigionieri anglo-americani. Nel CLN di Lodi rappresentò il partito socialista. Fu catturato con il giovane Edoardo Meazzi il 21 febbraio 1944 mentre si recava a casa di Luigia Mazzini Folli a prelevare tre inglesi per condurli verso la Svizzera; aveva già compiuto con Meazzi un viaggio oltre confine con ex prigionieri. Rinchiuso nelle carceri di Lodi, non fu trovata la prova del suo coinvolgimento nell’azione resistenziale, per cui fu liberato in aprile. Pur consapevole di essere sospettato di attività sovversiva, riprese l’attività clandestina. Fu nuovamente arrestato all’alba del 21 giugno dalla polizia politica; riuscì a scrivere un breve saluto su un foglietto: “Coraggio miei cari, l’amore è eterno ed io per sempre resterò fra voi“. Fu condotto nel carcere milanese di S. Vittore. Il 17 agosto fu trasferito al campo di smistamento di Bolzano, da dove il 7 settembre partì per il lager di Flossenbürg, in alta Baviera. Alcuni suoi compagni di deportazione, come il pavese Ferruccio Belli e il milanese Antonio Scollo, ne hanno ricordato la dignità e la sua azione instancabile a incoraggiamento di chi si scoraggiava. Dopo la quarantena, al momento della selezione per il lavoro Archinti fu ritenuto inadatto al lavoro, più per l’età (66 anni) che per le sue condizioni fisiche: fu quindi rinchiuso nel convalescenziario, anticamera dell’eliminazione; il suo fisico resistette fino al 17 novembre 1944.

Autore della presentazione: Ercole Ongaro