
Giuseppe Bescapè, secondogenito di sette fratelli, nasce a Livraga il primo aprile 1924. Entra nei pompieri il giorno 11 maggio 1942. Dall’aprile 1943 fino all’8 settembre verrà inquadrato nel Genio Anticendi di Pavia. Dopo la chiamata alle armi della Repubblica Sociale, diserta e si nasconde con altri amici nelle campagne di Zorlesco.
Nell’aprile del 1944 decide di raggiungere la Val d’Ossola ed è inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà. Nel giugno 1944 viene organizzato il più grande rastrellamento da parte di repubblichini e tedeschi, che impiega 4.200 uomini in tutta la Val d’Ossola. Giuseppe riesce a sfuggire all’accerchiamento gettandosi in un torrente dove rimane nascosto, sotto un ponte, per un’intera notte. Il rastrellamento si conclude con la fucilazione di 44 partigiani (di cui una donna) dopo che i tedeschi li hanno fatti sfilare da Pallanza a Fondotoce. In seguito a questo rastrellamento entra nella 85ª Brigata “Valgrande Martire”, Divisione Alpina “Mario Flaim”, assumendo il ruolo di capo squadra.
Bescapè torna a Livraga il 7 febbraio, ma viene subito notata la sua presenza; i fascisti locali sono in allarme perchè la notte precedente è stato ucciso il podestà locale nella sua abitazione. La casa di Giuseppe viene accerchiata e, una volta catturato, viene ripetutamente e violentemente percosso davanti alla madre; la casa viene poi saccheggiata. Giuseppe viene portato a San Colombano, poi trasferito a Codogno e infine nel carcere di Pizzighettone; suo padre vuole portargli generi alimentari e vederlo, ma, poichè questo risulta impossibile, Giuseppe escogita un modo per incontrarlo: finge di avere un fortissimo ma di denti. Per ben due volte viene accompagnato da una guardia dal dentista locale dove può incontrare il padre; ovviamente però, per reggere l’inganno, deve farsi togliere due denti sani.
Successivamente viene portato nel carcere di Cremona e nuovamente seviziato. Il 24 aprile 1945, insieme ad alcuni compagni, viene prelevato dai tedeschi in ritirata verso il Brennero per essere usati come scudi umani o merce di scambio. Durante un mitragliamento aereo nei pressi di Peschiera del Garda, riesce a saltare giù dal camion insieme ad un suo compagno a cui era legato con del filo di ferro al polso. I due riusciranno a scappare nei campi, nonostante gli spari dei tedeschi che volevano fermarli.
Il 27 aprile riuscirà finalmente a tornare a casa a Livraga. Purtroppo a causa delle privazioni e dei maltrattamenti subiti, morirà il 18 agosto 1946 presso l’ospedale di Codogno.
A lui è stata intitolata la sezione ANPI di Livraga.
