Frigoli Giuseppe

Giuseppe Frigoli era nato a Livraga il 22 luglio 1925 ed era figlio di un salariato agricolo, con la qualifica di mungitore, abitante in una cascina della frazione Ca’ de’ Mazzi, in comune di Livraga (Lodi). I Frigoli avevano avuto 13 figli, di cui 8 erano morti nei primi anni di vita. Giuseppe, quarto dei cinque figli superstiti, aveva frequentato con scarso profitto la scuola fino alla quinta elementare. I genitori fungevano da sacrestani nella chiesetta della frazione e l’intera famiglia era molto religiosa. Giuseppe dopo la scuola iniziò a lavorare nel caseificio della cascina Rampina di Livraga. Chiamato alle armi dalla Repubblica sociale italiana, si presentò, ma in caserma a Milano non c’era equipaggiamento, per cui se ne tornò a casa e rimase sbandato, avendo in odio le armi e la violenza. Suo fratello Carlo (classe 1922), catturato dai tedeschi l’8 settembre, era stato portato in un campo di lavoro in Cecoslovacchia; l’altro suo fratello, Secondo (classe 1923), aveva raggiunto i partigiani in val Tidone. Quando Secondo tornava per una breve visita alla famiglia, Giuseppe gli imponeva di non entrare in casa armato, ma di nascondere le armi nell’orto. Altri giovani del paese, i fratelli Pietro e Paolo Biancardi (classe 1917 e 1924) e Luigi Vignati (classe 192), si erano aggregati a una banda partigiana della 167ª brigata Garibaldi, che operava a ridosso della collina di Graffignana, appartenente nel versante nord al Lodigiano e nel versante sud a Pavia. Giuseppe Frigoli non poté non avere contatti con loro, essendo vicino di casa dei Biancardi. Il 15 settembre, alla frazione Maiano di Sant’Angelo Lodigiano fu ucciso, durante un’azione di resistenza armata, Luigi Vignati. Il 18 ottobre 1944 Pietro Biancardi fu arrestato, con Paolo Sigi di Fombio, nel basso Lodigiano verso Castelnuovo Bocca d’Adda. Il 24 ottobre in uno scontro a fuoco venne ferito nel centro di Livraga Paolo Biancardi: per caso Giuseppe Frigoli si imbatté nell’amico ferito e, nell’intento di dargli un aiuto, prese in consegna la pistola del Biancardi per evitargli di essere catturato armato. Si spaventò poi all’idea di dove nasconderla e pensò di dirigersi verso l’Istituto di cura dei Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro; ma fu intercettato da una pattuglia della GNR: in preda al panico, restò come paralizzato, incapace di liberarsi della pistola. Fu quindi arrestato “armato”, lui che non sopportava l’uso delle armi. Nel corso di quel rastrellamento furono catturati anche Marcello De Avocatis, napoletano, e Ferdinando Zaninelli di San Martino in Strada. Qualche giorno dopo Paolo Biancardi morì in ospedale a Lodi. Frigoli fu portato nella caserma GNR di Lodi e sottoposto a interrogatori violenti. Dopo un mese fu spostato al carcere di Lodi. Era un giovane di animo mite, di carattere amichevole verso i compagni, per cui si faceva amare anche nelle condizioni difficili della detenzione. In prossimità del Natale 1944 scrisse alla sorella maggiore Dina, già sposata e con una bambina di circa un anno, che lui talvolta accudiva, una lettera in cui si diceva fiducioso sulla sua sorte. Invece, in maniera inattesa, all’alba del 31 dicembre venne portato al Poligono di tiro di Lodi per essere fucilato con Pietro Biancardi, Marcello De Avocatis, Paolo Sigi e Ferdinando Zaninelli. Furono assistiti dal cappellano del carcere don Domenico Saletta, che, incontrando poi la madre di Frigoli, le disse: “Lei ha un angelo in paradiso”. La madre gli ribatté: “Ne avevo già otto di angeli in paradiso, non c’era bisogno di averne un altro”.

L’ultima lettera di Frigoli era stata indirizzata alla sorella maggiore Dina, che aveva sposato Ercolino Giffanti di Livraga e che aveva una bambina di nome Ester. Sulla busta l’indirizzo era così scritto: “Signora Dina Gifanti Livraga pr.cia Milano”.

Il timbro postale Lodi Milano 24.12.44.18.

Sul retro della busta: timbro Carceri giudiziarie di Lodi Frigoli Giuseppe; il timbro postale Livraga Milano 25.12.44.

Proprietà della foto: Domenica Frigoli in Fugazza

Autore della presentazione: Ercole Ongaro