
I fratelli Vittorio e Franco Verdelli, entrambi pompieri, appartengono a una famiglia antifascista di Lodi. Il padre Giuseppe di professione muratore, dopo l’ascesa del potere dei fascisti, deve espatriare in Francia insieme ad altri compagni comunisti e socialisti che avevano partecipato alle lotte politiche e sindacali e che erano stati protagonisti della Resistenza operaia alle squadre fasciste del primo dopoguerra. Dopo la destituzione di Mussolini, il 6 agosto 1943, dall’esilio, Giuseppe scrive al figlio Vittorio: “Io ho fatto due giorni di grande festa, soltanto a sapere il fallimento… Quando poi saprà che sono morto… allora festa per chissà quanto tempo“.
Vittorio Verdelli, nato il 5 giugno 1922 a Lodi, è in servizio dal 20 aprile 1940 come vigile permanente, quando si distingue tra gli abitanti della città bassa nell’aiutare il prigionieri alleati nascosti lungo le rive dell’Adda. Sotto il coordinamento di Maceo, Vittorio è il principale organizzatore dei viaggi di fuga.
A Lodi è l’ufficio della “”Società di Assicurazioni Ausonia” in corso Roma, di cui è titolare Alfredo Broglia, il centro di organizzazione delle attività clandestine. Assidui frequentatori di questo centro saranno anche Vittorio e Franco. Il centro si occupa, oltre che dell’aiuto agli ex prigionieri, anche della diffusione della stampa clandestina (tra cui “La voce dell’Adda“). Alfredo Broglia accompagna personalmente alle formazioni partigiane i giovani lodigiani fino a quando viene arrestato; Vittorio che ha seguito da vicino l’attività di Broglia, ne continua l’opera mantenendo i contatti con la Val d’Ossola e la Valsesia.
Nella primavera del 1944 ha contatti con Edgardo Alboni, incaricato dalla struttura militare del Partito Comunista per l’organizzazione della Resistenza attiva nel lodigiano mediante atti di sabotaggio e attacchi ai militari nazifascisti. Il 28 novembre 1944 è tra gli organizzatori e partecipa attivamente, guidando una squadra di copertura alla liberazione di Aldo Mirotti, dirigente partigiano, ricoverato e piantonato all’ospedale maggiore di Lodi. L’operazione riesce e desta scalpore e ammirazione tra la cittadinanza laudense. A Lodi, Vittorio e Franco Verdelli con un paio di compagni innalzano bandire rosse sui pennoni davanti al monumento ai Caduti della città e in piazzale Barzaghi, mentre a porta Cremona seminano centinaia di manifestini per le strade. La domenica successiva i pompieri Vittorio Verdelli e Bruno Pilatone in servizio al Teatro Gaffurio di Lodi assieme a Franco Verdelli (fuggito dopo la cattura del novembre ’44 nel rastrellamento dell’Ossola) e a due compagni lanciano dalla galleria durante lo spettacolo una pioggia di manifestini, suscitando l’entusiasmo del pubblico, mentre i fascisti presenti, disorientati, bloccano le uscite e tentano inutilmente di individuare e fermare responsabili.
Dopo questa azione Vittorio lascia il Corpo e parte per la Val d’Ossola dove entra a far parte della 2ª Divisione Redi Volante “Bariselli”, assume il nome di battaglia Taor e rimane sulle montagne ossolane fino alla Liberazione.
Al rientro, il 22 giugno, riprende servizio nel Corpo diventando, negli anni successivi, capo distaccamento della sede di Lodi, incarico che ricopre fino al congedo per sopraggiunti limiti di età. Nel dopoguerra è stato figura significativa anche nelle lotte sindacali e saggio consigliere nei momenti critici della strategia della tensione.
Testo tratto dal libro “Sulle tracce di “Pericle”. Il contributo dei pompieri milanesi alla lotta di Liberazione” di Giuseppe Mascherpa.